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Grazie. La decisione di questa sera presa dal cda dell’Ufficio d’Ambito di Cremona ci serve, è una buona lezione di vita. Ci dice prima di tutto che siamo stati ingenui. Tutti: persino noi cittadini arrabbiati e mobilitati, che non abbiamo mai smesso di ammonire i nostri sindaci sul fatto che il presidente Salini non avrebbe mai rinunciato ad ottenere il suo scopo. Che è sempre stato lo stesso: privatizzare l’acqua. Semplice, chiaro. Di fronte a questa chiarezza di intenti, tante volte riaffermata con l’arroganza del potere innamorato di se stesso, pronta a forzature delle regole a cui in questa paciosa e condiscendente provincia nessuno era abituato, in tanti hanno voltato la testa. Rifiutare di vedere la verità è sempre il sintomo di un trauma. Eppure è stato fatto: sino a due giorni fa i nostri sindaci uscivano a frotte gioiosi dalla loro ultima fatica, una riunione in qualità di soci di una spa nella quale un voto unanime li aveva illusi che non fosse più necessario combattere. Perché combattere è difficile. Comporta sofferenza, comporta confronto, comporta fatica, comporta studio, approfondimento: a volte comporta persino il dover riconoscere di avere sbagliato. Combattere obbliga sempre a guardarsi dentro per scoprire dove prendere la forza. Il presidente Salini la forza ce l’ha. Gliel’ha conferita chi lo ha votato: tantissima gente, che va rispettata perché ha votato in piena coscienza. Altra forza gli deriva dal pieno e costante appoggio del presidente Formigoni, il cui potere in Lombardia si fonda su basi solide. E sempre più note. Ma il rispetto non può andare in una sola direzione. Chi decide di privatizzare l’acqua oggi (Italia, 2012) non ha alcun rispetto di quegli stessi elettori. Poiché è evidente che se la maggioranza assoluta dei cremonesi vota sì per l’acqua pubblica, tanti di quei sì sono stati tracciati da elettori di centro-destra. Chi ripropone la privatizzazione finalmente getta la maschera — e di questo dobbiamo essergli grati — e con una pernacchia irride i tanti sindaci che avevano creduto alla volontà reale di “dialogo”. Nessun rispetto per la democrazia o per le regole, ma questo non è una novità e oggi in Italia parlare di regole significa quasi fare dell’umorismo. Per fortuna la magistratura ha scarso senso dell’umorismo. Quello che colpisce di più tuttavia oggi è lo squallore in cui questi indegni rappresentanti delle istituzioni gettano definitivamente la politica cremonese e lombarda. La torre sta per crollare, marcia alle fondamenta, e allora partono gli ordini per i galoppini: rubate tutto quello che potete, arraffate, fate più danni possibile, perché è l’ultima occasione che abbiamo. Non fatevi scrupoli neppure se così facendo gettate nel fango i vostri stessi alleati, i tanti sindaci che condividono le vostre scelte politiche e che siedono con voi a tanti tavoli politici. Portate via tutto, anche a loro. La loro dignità prima di tutto, perché un sindaco senza dignità è un sindaco facile da manovrare. Non preoccupatevi, la gente ha la memoria corta. Come Comitato Acqua Pubblica avremmo una gran voglia di urlare. E di prendercela con i tanti che hanno voltato la testa in questi mesi ed anni, che ci hanno ignorati, che non hanno combattuto con noi. Ma non faremo questo errore, perché abbiamo imparato che le lotte si fanno insieme. Cari cittadini, cari politici, cari sindacalisti, cari lavoratori, cari sindaci, non vi piacerà ma abbiamo i ladri in casa. Non è il momento di discutere su chi ha lasciato aperta la porta. E’ il momento di buttarli fuori e riprendere dalle loro mani la nostra acqua e la nostra dignità. Perché la dignità di un sindaco di destra non è distinguibile dalla dignità di un sindaco di sinistra e la dignità di un sindaco è quella di ogni suo concittadino. Nessuno manchi a questa lotta. Con serenità e determinazione. Perché si scrive acqua ma si legge democrazia.
Comitato Acqua Pubblica del Territorio Cremonese